LO STERMINIO DEGLI ABITANTI
DI PONTELANDOLFO E CASALDUNI
TRUCIDATI NEL ROGO DAGLI
INVASORI PIEMONTESI
NELLA NOTTE DEL 14 AGOSTO 1861
Nell'agosto del 1861 la guerra di conquista del Sud era terminata da un pezzo con l'annessione del Regno delle Due Sicilie e la proclamazione del Regno d'Italia. Garibaldi si trovava confinato a Caprera e il "gran tessitore" Cavour era morto nel giugno precedente. Bettino Ricasoli era Primo Ministro.
Ma nel Sud, nell'antico Regno fondato dai Normanni, si combatteva ancora. Una guerriglia senza fine di "briganti" testardi che non si volevano piegare al nuovo re savoiardo, fedeli alla dinastia dei Borbone costretti all'esilio a Roma.
Il governo del neo-regno italiano con capitale Torino aveva spedito nelle Due Sicilie buona parte del suo apparato di guerra e si preparava ad inviare numerosi altri reparti dell'esercito perfettamente armati ed equipaggiati.
A dirigere tutte le operazioni era stato mandato a Napoli l'arrogante e cinico generale Enrico Cialdini, nominato governatore delle Province Meridionali. Per Cialdini tutto il territorio duosiciliano doveva essere "normalizzato" e perciò doveva essere rastrellato in modo minuzioso.
L'll agosto del 1861 un gruppo di 40 bersaglieri del 36° di linea di stanza a Campobasso al comando del tenente Luigi Augusto Bracci, scortato da 4 carabinieri, perlustrava quella zona del Sannio, posta al confine del Molise e al sud del Matese, alla ricerca della banda di briganti capeggiata da Cosimo Giordano, già sergente del disciolto esercito duosíciliano, che in quelle zone era stata segnalata. Purtroppo dei briganti nemmeno l'ombra, sparivano come folletti nei boschi e nelle montagne del Matese e del Molise. Qualcosa si doveva pur fare, pensò e disse il giovane ufficiale, dirigendosi verso i comuni di Pontelandolfo (4500 abitanti) e Casalduni (3000 abitanti).
Alla loro vista gli inermi contadini scapparono nelle vicine montagne chiedendo aiuto ai cosiddetti briganti. I partigiani legittimisti non si fecero pregare più di tanto ed in massa scesero subito dai monti.
I bersaglieri stretti ed attaccati da una moltitudine di combattenti finirono per essere sopraffatti dal numero, presi prigionieri e uccisi. Già prima il loro ufficiale era stato ucciso dai suoi stessi soldati. Solo un sergente riuscì a salvare la pelle e a scappare e, quindi, fu in grado di dare l'allarme a Benevento dove si trovava il generale piemontese Maurizio De Sonnaz.
La vendetta non tardò a venire. Il generale Cialdini, prontamente avvertito, da Napoli dispose l'immediato invio, in quelle zone, della truppa in forza alle guarnigioni savoiarde di Napoli, Avellino e Nocera Inferiore.
Nella notte tra il 13 ed il 14 agosto, 500 bersaglieri al comando del colonnello Negri circondarono Pontelandolfo e altri 400 al comando del Maggiore Carlo Melegari circondarono Casalduni.
Erano le ore 03.30 di mercoledì 14 agosto 1861. In un assoluto silenzio notturno si diede inizio ad una grande azione criminale, forse unica nella storia per la sua crudeltà. A gruppi, silenziosamente, entrarono nell'abitato dei due paesi e ad ogni porta, ad ogni finestra di abitazione civile, nonché alle chiese dei due centri misero fascine e paglia, e anche, in abbondanza stracci imbevuti di combustibile liquido infiammabile ed appiccarono il fuoco, mentre altri militari si appostavano all'uscita dei due paesi con le armi cariche e puntate contro eventuali persone che avessero cercato scampo nella fuga.
Poco dopo, tutto cominciò a bruciare. I malcapitati, colti nel sonno e svegliati di soprassalto, tentarono un'istintiva salvezza, ma la nudità, lo spavento, la ressa e tutte le circostanze del caso furono, per loro, fatali. Le prime vittime furono donne, vecchi e bambini e chi riuscì a mettersi in salvo dalle fiamme e tentava la fuga nelle strade e nei campi veniva raggiunto dalle pallottole dei soldati appostati.
Fu una carneficina, non mancarono le scene di violenza e di stupro sulle donne e poi ci fu lo scempio dei cadaveri, per derubarli degli oggetti d'oro e del denaro, specie sulle donne alle quali venivano strappati i lunghi pendoli d'oro che usavano portare in quell'epoca come orecchini.
E poi ...e poi ...e poi...spuntava l'alba e poi il sole, uno splendido sole d'agosto che illuminava uno spettacolo terrificante e che mai prima di allora si era visto e abbattuto su quelle contrade. I pochi superstiti e gli abitanti accorsi da altri villaggi vicini furono testimoni di una situazione orribile. Tutto si presentava distrutto dalle fiamme con case annerite dalle cui porte e finestre aperte usciva fumo acre ed intenso, con centinaia di cadaveri per lo più bruciati e nudi sparsi su vasta area. Il generale De Sonnaz, informato, ne fu compiaciuto. Trionfante, telegrafò dalla Prefettura di Benevento sia al generale Cialdini a Napoli sia a Torino all'aiutante di campo di sua maestà il re d'Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia: "giustizia è,fatta"- scrisse e sottoscrisse il De Sonnaz, che aggiunse "l'azione di Negri è stata perfetta". Già, giustizia era fatta e al novello "padre della patria" dovette risultare più che gradita la notizia della nuova «vittoria». Su Pontelandolfo e Casalduni, intanto, per precise direttive governative fu imposto e fatto calare l'oblio. Certi misfatti era meglio non farli sapere in giro per l'Europa.
Quanti morti vi furono oltre agli ingenti danni combinato? Nessuno si curò o fu incaricato di contarli, qualche "pennivendolo" di parte savoiarda scrisse di 164 morti solo a Pontelandolfo, ma alcuni storici contemporanei, studiosi di quel periodo, lontani dalle passioni dell'epoca ed anche dalle tesi del risorgimento, sostengono che la maggior parte degli attuali abitanti di Pontelandolfo e Casalduni non sono i discendenti di quelli che popolavano i due paesi in quel disgraziato anno del 1861 e che quindi i morti furono numerose centinaia, cifra per difetto e non per eccesso.
Comunque, una cosa è certa, che, ancora oggi a 144 anni circa dall'eccidio, sui testi ufficiali di storia delle scuole di ogni ordine e grado dello Stato italiano, lo sterminio viene ignorato e non è mai menzionato, nemmeno come versione di tesi "risorgimentalista", e l'oblio imposto all'epoca da casa Savoia continua ancora.
A Pontelandolfo, tra le mura secolari dell'ex chiesa dell'Annunziata, che nei nostri tempi è chiamata Tempio dell'Annunziata antica, ancora oggi, durante le notti in cui nella pioggia scrosciante regnano i tuoni e i lampi accecanti, le anime delle vittime di quella notte si risvegliano e continuano a vivere. Esse invocano giustizia e le loro grida si confondono con i fragori della tempesta.
ONORE E GLORIA ALLA MEMORIA DEGLI ANTICHI POPOLI SANNITI DI PONTELANDOLFO E CASALDUNI, EROI DELLE DUE SICILIE ED INNOCENTI VITTIME DELLA FEROCIA SAVOIARDA. POSSA QUEL SACRIFICIO VINCERE L'OBLIO IMPOSTO DAGLI INVASORI
ED ESSERE D'AMMONIMENTO IN ETERNO.
ALFONSO CERRATI
Pontelandolfo 1861 LA VERITÀ SEPOLTA (da Due Sicilie - 1/2006)
A proposito della verità sui fatti legati alle luttuose vicende che coinvolsero Pontelandolfo in quella fatidica alba del 14 agosto 1861, sulla Precisa entità dei martiri. vittime della carneficina di proporzioni apocalittiche. Mi piace riportare quanto il compianto parroc o Don Giovanni Casilli,attingendo dalle fonti dell'archivio Parrocchiale. a pagina 1 7 del suo "In cammino verso Emmaus". scrive: ... "un calo secco dal 1857 al 1861 registra la popolazione di Pontelandolfo, passando dai 5561 abitanti (nel 1857) a 4375 unità (nel 1861). Quali le cause non sappiamo, ma non si può escludere che, poiché fu Pontelandolfo dal 7 al I S agosto 1861 teatro di azioni di brigantaggio, queste suscitarono un'aspra reazione delle truppe guidate dal generale Cialdini, comandante delle province napoletane, che misero a ferro e fuoco il paese e, una specie di diaspora conseguente alla pertanto, ne seguisse carneficina ..."
Dunque, nel 1861 mancano all'appello a Pontelandolfo ben 1186 anime! Che fine hanno fatto? Sono decedute? O sono scappate lontano, oltreoceano, per sfuggire alla dura persecuzione messa in atto dal nuovo Governo? I morti accertati durante le note vicende, sono tredici: BARBIERI RAFFAELE, BIONDI CONCETTA, BIONDI FRANCESCO, BIONDI NICOLA, CIABURRI GIUSEPPE, D'OCCHIO LIBERO ROCCO, IZZO MARIA, LESE CARLO ANTONIO, MANCINI GIOVANNI, PERUGINI MICHELANGELO, RINALDI ANTONIO, RINALDI FRANCESCO, RINALDI TOMMASO, SANTOPIETRO GIUSEPPE, SANTOPiETRO PELLEGRINO, TEDESCHI ANGELO, VITALE AGOSTINO.
E i restanti 1173 dove si trovano? Ognuno è libero di interpretare la vicenda a modo suo, dato che la verità è stata irrimediabilmente sepolta dalla storia scritta dai vincitori.
Nel 1656 la peste miete a Pontelandolfo ben 1195 vittime. L'arciprete del tempo così annota sul Liber Mortuorum (dal 1635 al 1687): in appendice Die 15/8/1656 encominciata la peste e no si è fatto officio né, funerale a morti per essere che si sono atterrati nella chiesa della SS. Annunziata senza eccezione di persone e senza pompe funebre 25 e 30 al giorno, e sia prova dura che sono li 30/9/1656 che ne saranno morti a questa giornata 1195. Non si assegna certo numero per essere che si atterrano senza suono di campane. Potrebbe essere che sia toccata uguale sorte ai 1173 corpi esanimi? Tumulati nelle viscere della chiesa della SS. Annunziata, senza la possibilità di dare loro un nome perché irriconoscibili, stante le devastanti bruciature? E se invece sono fuggite lontano da Pontelandolfo per paura, non hanno comunque determinato tristezza e la morte di un paese?
I deceduti a Pontelandolfo nell'anno 1861 sono complessivamente 291, come risulta dal Liber Mortuorum in archivio parrocchiale,per la maggior parte dal 14 agosto al 31 dicembre. quando. rifugiatisi nelle campagne, in condizioni disumane sono morti di stenti, per le gravi ferite riportate e per le atroci bruciature, conseguenza dell'eccidio. Quanto accadde a Pontelandolfo all'alba di quel fatidico 14 agosto, triste vicenda a tutti nota, è tratto dal manoscritto degli episodi della vita militare del bersagliere Margolfo Carlo del 6° Battaglione 2° Compagnia 4° Corpo d'armata comandato dal generale Cialdini: «Al mattino del mercoledì, giorno 14, riceviamo l'ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfó, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi, ed incendiarlo. Difatti un po' prima di arrivare al paese incontrammo i Briganti attaccandoli, ed in breve i briganti correvano davanti a noi, entrammo nel Paese subito abbiamo incominciato a fucilare i Preti ed uomini quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4.500 abitanti. Quale desolazione, non si poteva stare d'intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case. Noi invece durante l'incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava, ma che fare non si poteva mangiare per la gran stanchezza della marcia di 13 ore. u
Allora la domanda nasce spontanea: se Pontelandolfo, come è vero, fu rasa al suolo, fatto salvo, ovviamente, le poche case dei filo piemontesi, e l'ordine perentorio era quello di fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi, o il paese era abitato soltanto da figli, donne ed infermi, oppure la mira del plotone di esecuzione di 500 bersaglieri fu così tanto scarsa che a cadere sotto i colpi furono solo 13 innocenti?
A questo punto non può che prendere sempre più corpo, purtroppo, la triste verità, che diverse centinaia furono i morti bruciati vivi e tumulati nelle viscere della chiesa Annunziata, ahimè, senza un nome. Quel nome che i fautori dell'eccidio intesero cancellare per sempre, ma che resterà comunque scolpito per l'eternità nella memoria dei pontelandolfesi.
Gabriele Palladino